sabato 14 settembre 2013

Come risolvere i disturbi d'ansia

Come risolvere i disturbi d'ansia


Automonic Nervous System
I disturbi d'ansia
Nella psicologia clinica si distinguono 3 tipi di disturbi legati all'ansia:
Il disturbo di ansia generalizzata: caratterizzato da un senso di ansia persistente e un fondo di preoccupazione cronica; si teme, ad esempio, che qualcosa di brutto possa succedere da un momento all'altro, oppure che un incidente possa capitare ad un proprio caro.
Gli attacchi di panico: la persona soggetta ad un attacco di panico vive, in modo improvviso e del tutto inaspettato, un'esperienza terribile di ansia. E' sopraffatta da un senso di stordimento, perdita di controllo e confusione; terrorizzata da ciò che sta avvenendo, sente di impazzire, di avere un malore o di morire.
Le fobie: costituiscono una paura eccessiva, spesso irrazionale, di determinati oggetti o situazioni che generano quindi ansia intensa e successivo evitamento. Nella fobia di tipo sociale, ad esempio, si ha il timore di arrossire, di sudare oppure di svenire di fronte a persone considerate importanti; il timore crea un'ansia incontrollabile, finendo per realizzare ciò che di peggiore si aveva presagito.


I sintomi
Queste 3 condizioni (ansia generalizzata, attacchi di panico, fobie) si presentano spesso combinate tra loro e con diversi sintomi:
senso di irrealtà, confusione, stordimento
giramenti di testa, vertigine
paura e allarme immotivati, pensieri catastrofici come, ad esempio, avere un incidente, un malore, oppure commettere atti inconsulti come ferirsi o gettarsi nel vuoto da un piano alto.
sentire il proprio cuore battere in modo strano, palpitazioni
appannamento della vista, sensazione di testa vuota
mancanza di respiro, peso al petto, costrizione toracica
sudorazione
nodo alla gola, bocca secca
vampate di calore
tensione muscolare
formicolii


L'evitamento
In seguito all'esperienza di uno o più attacchi di ansia/panico, la persona adotta come metodo di difesa l'evitamento delle situazioni o dei luoghi in cui si trovava nel momento della crisi. Con questa strategia però il soggetto non solo non risolve il problema ma tende ad evitare, sempre di più, i luoghi e gli oggetti per lui ansiogeni, finendo col limitare gravemente il proprio campo di azione. Avendo avuto il primo attacco di panico mentre, alla guida della proprio auto, si trovava bloccato in una galleria, il paziente inizia a scegliere percorsi stradali nuovi assicurandosi che non vi siano ulteriori gallerie; successivamente l'idea di poter essere imprigionato nel traffico lo spinge ad evitare le autostrade, non avendo, in quella eventualità, possibilità di fuga. Si limita quindi a prendere la macchina solo per spostarsi in città, ma presto, anche in questa situazione, avverte una tensione costante, finendo, così, per non guidare più.

La caduta dell'autostima, la depressione
Non riuscendo più a "fare le cose come prima", soffrendo fisicamente e mentalmente, l'autostima cala vertiginosamente e la persona si percepisce fragile, vulnerabile. Si entra in una fase della vita di difficoltà, di malessere, sentendosi a volte, depressi. Nella maggior parte dei casi, non si tratta di un disturbo depressivo autentico, ma di una condizione di disagio causata dalla frustrazione, dallo scoramento, dai problemi posti dai nuovi limiti e ripetuti fallimenti.

Diffusione dell'ansia
Molte persone che soffrono d'ansia, sopraffatte dal peggioramento dei loro sintomi, ad un certo punto temono di non essere normali, di avere una malattia rara, di stare impazzendo. In realtà, moltissime persone, più di quanto possano immaginare, vivono le medesime emozioni e reagiscono allo stesso modo.
Un quarto della gente che incrociamo, camminando per strada tutti i giorni, è affetta da una qualche forma di disturbo d'ansia, e addirittura più della metà dei passanti, prima o poi, sperimenterà nella propria vita almeno un'esperienza di ansia intensa o panico. Basta mettere le parole famous people anxiety nel motore di ricerca google.com per avere liste sorprendenti di celebrità affette da questo disagio.
Perché, allora, l'ansia è così comune nell'essere umano?

Che cos'è l'ansia
Sorprendentemente, l'ansia è un meccanismo di difesa prezioso, del quale tutti sono dotati, indispensabile per la sopravvivenza.
Compiere attività come guidare nel traffico, eseguire una riparazione su un'impalcatura o competere in una gara sportiva, senza la minima ansia, come se si fosse rilassati sul divano di casa guardando la televisione, comporterebbe dei gravi pericoli o insuccessi sicuri. Quello stato di attivazione fisica, nervosa, è indispensabile alla riuscita dell'essere umano nell'affrontare molte circostanze quotidiane della vita e deriva da un meccanismo di reazione al pericolo antichissimo, frutto di milioni di anni di evoluzione, definito fight or flight: attacco o fuga.


Il meccanismo di difesa "attaco/fuga"
Scorgendo segni della presenza di un predatore feroce nelle vicinanze, i mammiferi si mettono in stato di massima allerta: il cuore inizia a battere forte e il respiro diventa veloce per rifornire di ossigeno i muscoli, viene rilasciata adrenalina e noradrenalina, la digestione si interrompe, i vasi sanguigni periferici si contraggono e quelli muscolari si dilatano; la visione, l'udito, i sensi in generale si fanno acutissimi, tutto il corpo è in tensione e pronto al massimo dello sforzo. Nell'uomo questo meccanismo di reazione al pericolo è attivato dall'ipotalamo e dall'amigdala, le parti del cervello più interne e ancestrali, e i sintomi soggettivi che genera sono quelli, per l'appunto, dell'ansia. Essendo questo meccanismo così profondo e radicato nel sistema nervoso, anteriore alla nostra evoluzione cognitiva-intellettuale, scatta sempre in qualsiasi situazione importante, al fine di permetterci la massima prestazione, ma non distingue i vari tipi di pericolo. Così durante un esame all'università, davanti a quella persona carina che desideriamo sedurre, parlando in pubblico, può capitare che il nostro corpo reagisca come se ci trovassimo di fronte a un predatore feroce.
E' normale, in quei casi, avvertire i sintomi dell'ansia, anche intensi.
Il problema è quando iniziano a essere sproporzionati alla realtà, presenti troppo frequentemente e compromettono il nostro benessere e l'integrità dei vari ambiti della vita quotidiana come il lavoro, lo studio, la famiglia, le relazioni sociali, l'amore.

Le cause
A livello superficiale, una delle cause principali del disturbo è l'interpretazione errata dei sintomi dell'ansia. I sintomi vengono cioè avvertiti come pericolosi, come perdita di controllo e sopraffazione. In poche parole si arriva ad avere "paura della paura" e così l'ansia genera ulteriore ansia, dando il via a una spirale che, in modo estremamente veloce, porta il soggetto a stare male, all'incapacità, all'attacco di panico.
Una sensazione inconsueta, ad esempio un formicolio, un leggero giramento di testa (tutti, ogni giorno, hanno questo tipo di sensazioni corporee, assolutamente normali) può generare il timore di avere un malore. Riuscire a distinguere correttamente i sintomi dell'ansia, senza lasciarsi trascinare dalla paura è importante; Prendiamo, come esempio, la descrizione di cinque minuti della vita di Sara:
"Camminando inizia ad avvertire un peso al petto, il suo respiro, si fa un po' più rapido. Percepisce uno strano senso di eccitazione e tensione crescente. Si siede e cerca di rilassarsi ma l'ansia continua a diventare più intensa. Improvvisamente il suo corpo è spinto indietro, si aggrappa con le mani ai lati della sedia e stringe i denti per soffocare un urlo. Lo stomaco le si chiude, il cuore batte forte in gola e sente il viso arrossire. Le emozioni che prova vengono a ondate e sono senza controllo: stordimento, paura, sopraffazione."
Sara non sta avendo un attacco di panico.
Al contrario, lei stessa è alla ricerca di forte eccitazione: è in un parco di divertimenti e sta facendo un giro sulle montagne russe. L'attivazione nervosa dell'ansia è la stessa presente anche in circostanze piacevolmente emozionanti. In alcuni casi, siamo noi, a etichettare mentalmente, in modo sbagliato, queste sensazioni, a ingigantirle e a interpretarle come pericolose.
A livello più profondo, concorrono a generare il disturbo tre tipologie di cause principali:
Fattori genetici
Traumi: incidenti, lutti, violenze, abusi.
La storia personale ed eventuali problemi/dinamiche non ancora risolte.

La terapia
Il disturbo d'ansia appare a molti pazienti come qualcosa da cui "non se ne esce", a causa dell'intensità dei sintomi, apparentemente incontrollabili. Con il percorso terapeutico idoneo, è invece possibile guarire e imparare moltissimo su sé stessi. La psicoterapia ipnotica risulta tra le migliori per questo genere di disturbi, in quanto agisce sia sul corpo e i sintomi, sia sull'inconscio, la parte più profonda della mente dove si trovano le radici del problema. Lavorando nel profondo, il terapeuta aiuta il paziente a scoprire le sue personali risorse, utili ad affrontare le difficoltà e a liberarsi dagli schemi restrittivi che limitano la libertà e la forza creativa, diventando così più forti e sicuri.





TECNICA PNL PER COMBATTERE L'ANSIA

Come la maggior parte dei disturbi ci noi proviamo anche l'ansia è un’idea non una realtà!
Per cambiare questa idea utilizzeremo la Linea del Tempo.
Quando siamo ansiosi nel nostro cervello si generano immagini negative proiettate nel futuro.
Se eseguirete correttamente la tecnica i risultati sono istantanei.
L'uso della tecnica serve ad andare a modificare le immagini che costituiscono l'idea negativa e quindi modifichiamo la reazione emozionale .... l'ansia.

PROCEDURA

Andiamo sulla linea del tempo e nel futuro dopo la conclusione positiva dell’avvenimento
Renditi conto della sensazione
Torniamo al presente
Se l’ansietà non sparisce, allora bisognerà ristrutturare: “Mi rendo conto che ognuno di noi è parzialmente convinto che è importante avere un po’ di ansia per motivarsi, il problema è che l’ansietà non è buona per il corpo. Ci sono degli altri modi nei quali sarebbe possibile motivarti e lasciare andare l’ansia?
Ci sono persone che si motivano con la paura e l'ansietà rappresenta allora una forma di motivazione (VIA DA).
E’ NEGATIVO MOTIVARSI CON LA PAURA PERCHÉ E’ DISTRUTTIVA.
Per avanzare è meglio crearsi immagini mentali positive.“Un giorno la paura busso' alla porta, il coraggio ando' ad aprire e non trovo' nessuno.

Per approfondire:
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sabato 7 settembre 2013

Voi siete parte di un protocollo?

Voi siete parte di un protocollo?


La tua vita è un protocollo? 
Potete usare nella vostra vita il vostro cervello o dovete seguire.... il protocollo? 
Usate il protocollo per giustificarvi? 
Usate il protocollo per scaricare le vostre responsabilità? 
Quante morti sono giustificate per aver seguito un protocollo? 
Quante vite non si sono potute salvare a causa di un protocollo? 
L'uomo è una pecora o è dotato di un cervello in grado di elaborare delle strategie? 
Fate sempre le stesse cose perché si è sempre fatto così. O ragionate e trovate nuove strade? 

Come già accennato su facebook https://www.facebook.com/cervelloistruzioniperuso oggi affrontiamo l'argomento protocolli ....  non in questo senso ma nel significato di complesso di regole e procedure cui ci si deve attenere in determinate attività, p.e. in medicina nel prescrivere una certa terapia.

............ Se siete persone ......., e io ritengo che lo siete perché leggete i miei articoli, ... che vi assumete le vostre responsabilità ...... non vi sentite profondamente offesi? 
Per arrivare a ricoprire un ruolo in una struttura pubblica, azienda, ecc. chi vi assume verifica che abbiate le capacità quindi siete in grado secondo vostra responsabilità di svolgere il lavoro richiesto.
Non solo ma prima di arrivare li avete usato una caratteristica .... scientificamente provata che è quella di apprendere e a tale proposito ricordo agli appassionati di protocolli cosa vuol dire apprendere.
APPRENDIMENTO  Processo di acquisizione di conoscenza basato sull'esperienza. Processo cumulativo in cui gli individui assimilano gradualmente entità sempre più complesse e astratte (concetti, categorie, schemi di comportamento o modelli).
Altra caratteristica usata sin dalla vostra infanzia è la capacità di pensiero .... ricordiamo anche questo significato......
Processo mentale per farsi una raffigurazione del mondo, per agire secondo i propri obiettivi, piani, desideri. Implica manipolazioni di informazioni per dar luogo a concetti da utilizzare per prendere decisioni e risolvere problemi.
L'uomo inoltre genera ....
MODELLI MENTALI   rappresentazione di situazioni per prevedere eventi, fare ragionamenti, dare spiegazioni.
Ed è in grado di ragionare.....
RAGIONAMENTO componente essenziale del pensiero umano, che è dotato di alcune regole logiche.
Bene nella vostra vita avete studiato.... dall'età di sei anni avete fatto elementari, medie, liceo, università, tirocini vari, corsi di specializzazione, master, esperienze varie e ..... dove vi assumono anziché dirvi devi fare questo e lasciare a voi l'organizzazione e le scelte ... vi dicono ... traduco pragmaticamente la frase ..... Caro pinco pallino io lo so che tu hai esperienza, ma non me ne può fregare di meno. Per me andava bene anche un cerebroleso .... ritengo che tu lo sia e quindi per evitare di fare stupidatine segui il protocollo .... fallo e così ti scarichi tutta responsabilità di prendere decisioni.
FANTASTICO.
Confessate quanti di voi (lavoratori autonomi e professionisti) vorrebbero lasciare il proprio lavoro per andare a fare lo spazzino o la guardia forestale.
Altro che numero chiuso......
Io non riesco a seguire i protocolli e nemmeno a stare zitto quando le cose si possono migliorare e non si fa così perché si è sempre fatto così.
Voi pensate che i grandi geni della storia seguivano i protocolli? 

Pensateci..... e promuovete il cambiamento.
Di seguito alcuni dei vostri commenti su facebook:
La parola "protocollo"...mi toglie l'aria :mi da il senso di barriera invalicabile.Il "protocollo"ci obbliga ad uno stop per essere valutati,analizzati,a prescindere dal fatto che ce ne sia davvero una necessità personale ed obiettiva.Rallenta i tempi di azione,toglie velocità e mordente alle possibili soluzioni

Un uomo si sentiva oppresso dalle difficoltà della vita e se ne lamentò con un famoso maestro di spirito. “Non ce la faccio più! Questa vita mi è insopportabile”. Il maestro prese una manciata di cenere e la lasciò cadere in un bicchiere pieno di limpida acqua da bere che aveva sul tavolo, dicendo: “Queste sono le tue sofferenze”. Tutta l’acqua del bicchiere si intorpidì. Il maestro la buttò via, prese un’altra manciata di cenere e la fece vedere all'uomo, poi si affacciò alla finestra e la buttò nel mare. La cenere si disperse in un attimo e il mare rimase esattamente come era prima. “Vedi? - spiegò il maestro - Ogni giorno devi decidere se essere un bicchiere d’acqua o il mare!”

Per approfondire:
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Protocollo Biologico
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Comprensione Orale - Test e Trattamento
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L'arte e la Scienza della Mindfulness + CD - Libro Voto medio su 1 recensioni: Mediocre
€ 33


lunedì 29 luglio 2013

Usiamo una semplice tecnica di PNL con i bambini per vivere meglio

Usiamo una semplice tecnica di PNL con i bambini per vivere meglio





Da: “La mia voce ti accompagnerà; i racconti didattici” di M. Erickson, Ed. Astrolabio Ubaldini
La Mia Voce ti Accompagnerà
I racconti didattici di Milton Erickson
Voto medio su 6 recensioni: Da non perdere
€ 14.5


Tutta la nostra vita ruota intorno alla comunicazione: fin dal pancione cerchiamo di comunicare e desideriamo essere ascoltati.

Purtroppo l'educazione si occupa di insegnarci tante cose, ma nessuno si concentra mai sulle dinamiche della comunicazione.

Invece, imparando a comunicare in modo efficace risolveremmo la maggior parte dei problemi che portano le persone a sentirsi incomprese e infelici (insoddisfazione, sensazione di non trovare un proprio posto, incapacità di raggiungere obiettivi, frustrazioni, negatività, cattivi rapporti con gli altri, etc.)

La comunicazione viene permessa dagli organi di senso, che ricevono uno stimolo, lo elaborano (secondo strategie acquisite nella nostra esperienza di vita) e permettono di dare una risposta a seconda dello stimolo e dell'elaborazione effettuata.

Tutti noi attuiamo delle strategie (ad esempio per motivarci o per prendere decisioni) e lo facciamo a seconda dell'esperienza che abbiamo avuto, dello stimolo che abbiamo ricevuto e della nostra capacità di utilizzare la strategia più appropriata al momento giusto.

Per esempio una persona potrebbe motivarsi a mettersi a dieta utilizzando prima l'elemento visivo (si "vede" o si "immagina" al momento in cui avrà raggiunto il risultato desiderato) poi l'elemento cinestesico ("sente" o si "immagina" internamente la sensazione provata) poi di nuovo l'elemento visivo (confronta l'immagine creata con l'immagine che ha di sé in quel momento) e decide quindi di cominciare la dieta.

Tanto più la strategia utilizzata sarà capace di farci raggiungere il nostro obiettivo tanto più sarà appropriata.

Essere capaci di comunicare implica la conoscenza di questi canali (visivo, auditivo, cinestesico, olfattivo-gustativo) e la capacità di utilizzarli a seconda delle persone, delle occasioni e degli obiettivi che desideriamo raggiungere con la comunicazione.

Secondo la Programmazione Neouro Linguistica (PNL), gli elementi importanti al fine della comunicazione sono:
1- Il contatto 
Il contatto è il nostro primo approccio con la persona con la quale vogliamo comunicare. Prima di "prendere" contatto è necessario ricordare che comunichiamo non solo con la voce, ma soprattutto col nostro corpo.

Procediamo sempre con cautela e rispetto di chi abbiamo di fronte, a maggior ragione se si tratta di un bambino.

Il contatto implica delle sensazioni, sia in chi cerca di comunicare sia in chi viene contattato, cerchiamo quindi di approcciarci con estrema sensibilità e positività, perché la persona interessata possa essere motivata ad entrare in comunicazione con noi.

Il contatto può realizzarsi fisicamente, toccando la persona interessata, visivamente, guardandola negli occhi e verbalmente, rivolgendole la parola.

Naturalmente il contatto avrà tanto più successo quanto più ci avviciniamo alla strategia dell'interlocutore.

Possiamo non conoscere ogni strategia della persona con la quale desideriamo comunicare: sarebbe allora utile utilizzare ogni possibile canale comunicativo, per avere buon successo di trovarne uno aperto.

Per esempio, potremmo approcciarci con delicatezza alla persona in questione, chiederle prima "scusa" (elemento auditivo), guardandola poi negli occhi, magari sorridendo (elemento visivo) e, nel caso la vedessimo reagire positivamente, magari sfiorarla o, a seconda della nostra confidenza con lei, stringerle un braccio o abbracciarla (elemento cinestesico).

Così procedendo saremo più sicuri di aver incontrato almeno un canale di comunicazione aperto e naturalmente la risposta della persona sarà la nostra cartina al tornasole per decidere se continuare a comunicare o se fermarci.

2 -Il mirroring 

La tecnica del mirroring (o rispecchiamento) è una tecnica che permette di "accordarsi" al ritmo della persona che ci troviamo di fronte, entrando in "rapporto" con lei e rendendo quindi più efficace la comunicazione.

Il livello di rapporto che si stabilisce con l'interlocutore dipende dalla nostra abilità di rispecchiarlo dal punto di vista della postura, della gestualità, della respirazione, della "velocità", della prossemica, del linguaggio e del contatto visivo.

Per esempio, se stiamo cercando di comunicare con una persona molto pacata, chiusa e lenta sarebbe buona norma avvicinarci quanto più possibile al suo modo di comunicare.

Nel momento in cui avvertiremo di aver aperto un buon canale comunicativo, potremo portare la persona ad attuare un comportamento più simile al nostro semplicemente modificando gradatamente il nostro, fino al livello desiderato.

3- Raccolta delle informazioni e riassunto delle esigenze 

Per raccogliere informazioni è necessario domandare.

Chiedere è di fondamentale importanza, perché se le informazioni a nostra disposizione non sono sufficienti la nostra mente le integra inconsciamente, cioè in base alle esperienze che abbiamo vissuto fino a quel momento.

Chi parla, spesso, lo fa presupponendo che chi ha di fronte capisca quello che lui intende dire senza esprimerlo esplicitamente e dà per scontati elementi importanti al fine della comunicazione stessa.

Quando parliamo coi nostri figli evitiamo le domande retoriche (cioè che non necessitano di risposta) ed evitiamo di aggredirli: sono i modi migliori per compromettere la comunicazione.

3 - L'ascolto attivo 

Per ascolto attivo si intende l'assicurarsi sempre che l'interlocutore abbia recepito quello che noi intendevamo effettivamente trasmettergli.

Ricordiamoci che quello che è stato comunicato non è ciò che intendeva il comunicatore ma ciò che il ricevente ha percepito. Per sapere se il ricevente ha davvero percepito quello che noi intendevamo è importante chiedergli di spiegarci il suo punto di vista e di farci vedere le cose dalla sua prospettiva.

Sviluppare le proprie capacità di ascolto consente di capire meglio gli altri, di acquisire una maggiore abilità nel trattare le persone, evitare i conflitti cogliendo anche i segnali più deboli di contatto.

La responsabilità della comunicazione è di chi sta cercando di comunicare, non di chi riceve la comunicazione: non incolpiamo nostro figlio di non aver eseguito un compito se non siamo sicuri di averglielo spiegato bene e che lui abbia veramente capito!

“Mio figlio Riccardo, all'età di cinque anni, era caduto all'asilo  tagliandosi la lingua. Stava sanguinando copiosamente e urlava per la paura e per il dolore. Sua madre ed io corremmo in suo aiuto.

                Un unico sguardo a lui, seduto al banco che urlava, con la bocca che sanguinava abbondantemente e tutto il sangue sparso sul pavimento, mi rivelò che si trattava di un’emergenza che richiedeva misure immediate e adeguate.

                Non ci avvicinammo. Al contrario, quando si fermò per prendere il respiro prima di urlare di nuovo, gli dissi velocemente, semplicemente, con solidarietà: “Fa un male terribile, Riky. Fa un male terribile.”
                In un attimo, senza alcun dubbio, mio figlio si rese conto che sapevo quello di cui stavo parlando. Era d’accordo con me e sapeva che io ero completamente d’accordo con lui. Di conseguenza mi ascoltava con rispetto, poiché avevo dimostrato di comprendere pienamente la situazione.
                Poi dissi a Riky: “E continuerà a farti un gran male.” Con questa semplice affermazione, diedi voce alla sua paura peggiore, confermai l’idea che lui stesso si era fatto della situazione, dimostrai piena comprensione del problema e il mio totale accordo con lui, dato che in quel momento lui prevedeva per se stesso solo una vita di tormento e dolore.
 Poi portai Riccardo verso una consapevolezza diversa e più produttiva della sua condizione focalizzando l’attenzione di Riccardo sulla quantità e sulla qualità del sangue sul pavimento, collegando allo stesso tempo il sangue alla caratteristica che Riky considera importante, cioè la qualità: “C’è proprio un sacco di sangue sul pavimento. È un buon sangue, rosso e forte? Guarda bene, mamma, guarda. Io penso di sì, ma voglio che tu ne sia sicura.”

Riccardo, viene guidato verso l’obiettivo di porre la sua attenzione su qualcos’altro che non sia il dolore. ........ “Comunque, definimmo quell’opinione (sulla qualità del sangue) positiva, affermando che sarebbe stato meglio esaminare il sangue guardandolo sullo sfondo del lavandino del bagno. A questo punto Riky aveva smesso di piangere, e il suo dolore e la sua paura non erano più fattori dominanti. Invece, era interessato e assorto nell’importante problema della qualità del suo sangue.”
In ospedale ho guidato Riccardo  sempre più lontano dal trauma e dal dolore, chiedendogli se sarà così fortunato da avere bisogno di un numero di punti di sutura che riesca a contare.
In realtà, sembrava che non fossero necessari neanche dieci punti e lui sapeva contare fino a venti. Così, l’intera situazione si trasformò in un’esperienza comune, in modo tale da essere condivisa con i suoi amici, con un confortante senso di eguaglianza o, addirittura, di superiorità.”
In Programmazione Neuro Linguistica (PNL), Richard Bandler e John Grinder scoprirono, modellando Milton Erickson, che la tecnica del Ricalco produceva sintonia (Rapport) quasi istantaneamente.
E se si crea il Rapport e molto più facile “andare in guida” e massimizzare le probabilità che l’altro (in questo caso nostro figlio) ci ascolti.
Di solito, noi genitori facciamo esattamente il contrario: andiamo in guida prima di ricalcare.
Un esempio? Quando si fanno male, ci affrettiamo a dire loro: “Non è niente! Adesso passa! Cosa vuoi che sia!”. Vero?
E di norma cosa otteniamo? Urla e strepiti con volumi sempre maggiori fino a che non ottengono la nostra considerazione in merito al dolore reale o presunto che sia.
Una volta presi in braccio, coccolati e dopo aver portato la nostra attenzione sul loro “male” (fammi vedere dove hai sbattuto? Deve fare un male terribile…), ecco che sarà più facile cambiare le loro rappresentazioni interne e il loro stato d’animo (andiamo a mettere un po’ di ghiaccio, un cerotto, dell’acqua e poi guardiamo se c’è il tuo cartone preferito in tv, se ho un cioccolatino nella borsa, o raccontami come è andato a finire il film di ieri sera, quanti Pokemon ti mancano, ecc.).
Come funziona in pratica la tecnica del Ricalco? 


1)      Ricalcare il verbale significa ripetere alcune parole chiave esattamente come ce le hanno riportate.

 Ad esempio: “Papà, oggi ho preso 9 nella verifica di grammatica!”; “Bravo Tom, hai preso 9 nella verifica di grammatica? Ma sei un mito, complimenti!”

“Mamma, ho mal di pancia!”; “Hai mal di pancia, vero?”

Che è diverso dal rispondere: “Sì sì, certo, ok, mmm”.

 2)      Ricalcare il non verbale significa rispecchiare la postura e i gesti che sta facendo nostro figlio: se è seduto sul divano, sediamoci accanto a lui, se è in piedi, alziamoci in piedi, se alza il pollice per dire ok, rifacciamo lo stesso gesto, ecc.

 3)      Ricalcare il paraverbale significa riprodurre per quanto possibile le variazioni della voce che sottolineano e danno maggiore espressività ad alcuni contenuti: “oggi la maestra mi ha sgridato” (con tono basso e lento); ripeterò in maniera simile (ovviamente con il mio timbro di voce) “ti ha sgridato?”; oppure: “ho segnato in scivolata!!!” (con volume alto, squillante e ritmo veloce); similmente esclamerò “Addirittura in scivolata!!!”.
Il ricalco (di per sé una tecnica molto semplice) è molto efficace per creare un buon clima di intesa, eviteremo fraintendimenti, ci sintonizzeremo più facilmente sul canale di nostro figlio e questo (che di per sé è già uno splendido risultato) sarà il trampolino per accompagnarlo più facilmente verso l’ottenimento delle nostre aspettative.
Es.: “Lo so che sei stanco e che vorresti andare a giocare con la wii (RICALCO) e mi chiedo se tu possa mettercela tutta ora per finire i compiti il prima possibile… (GUIDA)”
“Mi hai detto che il tuo compagno non smette di stuzzicarti (RICALCO), incomincia a pensare a cosa potresti dirgli per lasciarti in pace (GUIDA).”
Ecco le volute delle candele: ogni comando, richiesta, aspettativa, deve avere i colori del verbale, non verbale e paraverbale che realizzeranno magicamente la creazione artististica del comportamento auspicato.
In particolare, mi sono soffermato sulle abitudini positive che installiamo nei figli e su quelle negative che spesso loro stessi prendono approfittando delle nostre debolezze.
Se mi segui, saprai che su questo argomento, ho scritto un post, e parlavo della PNL e delle brutte abitudini, che possono essere un grande ostacolo allo Sviluppo Personale.
Oggi invece voglio parlarti delle buone abitudini che possiamo indurre nei nostri figli.
Per esempio, con mia figlia, ho sempre ripetuto, dopo averle rimboccato le coperte, la seguente frase: “Buonanotte, fai tanta nanna e non ti alzare!”.
Questa frase la ripeto da diversi anni, perché quando era piccola, spesso si alzava durante la notte ed era, per lei e per noi una fatica ritornare a dormire.
Posso dirti che a distanza di anni, la cosa ha funzionato!
Infatti capita che, quando la metto a letto io, si addormenta beata e si sveglia la mattina, mentre quando la accompagna mia moglie, che non ripete la frase, spesso si alza e viene da noi.
Non solo, ultimamente mia figlia, appena io comincio a pronunciare la frase, lei la riprende e la conclude da sola, quasi come un mantra da ripetere prima di addormentarsi.
In questo caso, sono riuscito ad “installare” un comportamento positivo che le permette di dormire tranquillamente e di svegliarsi riposata la mattina dopo.
Questo è solo un esempio, ma ti assicuro che utilizzare semplici tecniche di PNL è un ottimo modo per educare i propri figli, ad esempio anche il ricalco e guida è importante.
Infatti, a volte quando mia figlia piange o “si fissa” su qualcosa, fa le bizze, cerco sempre di seguirla nel suo sentimento, andando a condividere le sue sensazioni, ascoltando anche le sue motivazioni, per poi portare pian piano la sua attenzione su altre cose che, sul momento, valuto essere funzionali e utili per farla uscire dallo stato negativo.
E a proposito di ascoltare anche le motivazioni, ora che è un po’ più cresciuta, in queste situazioni, lei stessa cerca sempre di spiegarmi le sue ragioni e già in questa fase, recupera, da sola, un po’ di calma e smette gradualmente di piangere o fare le bizze!
Poi è chiaro, ognuno ha le sue debolezze e capita, in alcune situazioni, che mia figlia, imitando ahimè dei comportamenti sbagliati, finisca per assimilare delle brutte abitudini, ad esempio consuma troppi dolci, biscotti, merendine ecc.  ;-)
Molti genitori, insegnanti, educatori credono di poter applicare le tecniche di comunicazione efficace “sui” bambini invece che utilizzarle su di se stessi per migliorare nel proprio ruolo di adulto.
Ora facciamo una distinzione sottile e molto importante.
Molte volte, infatti, c’è la tendenza (umana, anche io con il mio “fratellino” di 17 anni continuo ad averla) a volere “il meglio” per i nostri bambini.
E questo, ovviamente, spesso coincide con una totale cecità verso chi sono e chi vogliono essere LORO a favore di un altruismo del tipo “voglio che tu faccia quello che non sono riuscito a fare io” oppure “voglio che anche tu faccia quello che sono riuscito a fare io” (strano come queste due posizioni spesso si equivalgano ;-)).
Una delle prime proposizioni per comunicare in modo incisivo ed efficace con la Pnl è quella di riuscire a separare il proprio mondo da quello degli altri. E questo spesso ai genitori manca.
E’ una cosa comprensibile e forse nella natura umana, ma a mio avviso è indispensabile il rispetto di questa diversità prima di qualsiasi tipo di “intervento” sui bambini, perché senza di questa posizione di rispetto nei loro confronti ogni sforzo sarebbe nullo.
Detto questo, è anche ovvio che il ruolo di genitore e quello di figlio sono diversi e che tra i compiti del genitore c’è quello di educare.

Come utilizzare le tecniche di Pnl e comunicazione per farlo al meglio?

Ecco un breve elenco di consigli, sicuramente non esaustivo, ma sempre meglio di niente:


1) Nella comunicazione con i figli la coerenza tra i messaggi che si inviano è tutto. I bambini sono degli ottimi manipolatori e sanno come utilizzare a loro comodo gli schemi comportamentali dei genitori. (hai capito, sono LORO che manipolano te!)
Ad esempio se un bimbo piange e si dispera e tu gli dai un gelato per farlo “zittire”…. cosa avrà imparato? Che se vuole un gelato deve piangere e disperarsi!

2) Gestisci il tuo umore. Mi capita spesso in giro di vedere bimbi con genitori che, innervosendosi per qualcosa, li rimproverano senza motivo. Se vuoi fare in modo che i tuoi rimproveri siano “ascoltati” ricorda sempre che è fondamentale che questi dipendano da fatti oggettivi e non dal tuo umore. Se il capo ti ha sgridato al lavoro la colpa non è di tuo figlio che si è sporcato con il gelato…. intesi?

3) Impara a riconoscere le sue particolari inclinazioni e strategie. Nella Pnl si utilizza il modello Visivo/Uditivo/Cinestesico, quello dei Metaprogrammi o delle Strategie per insegnare a comunicare in modo efficace con le persone. Questi modelli sono applicabili anche ai bambini e non solo con questo obiettivo ma anche a scopo educativo per costruire flessibilità nel loro comportamento ed aumentare l’intelligenza. Se un bambino ha la tendenza a processare per immagini crea le condizioni per farlo esprimere a livello fisico/spaziale o utilizzado i suoni… espandi la sua intelligenza! Per approfondire questo aspetto può esserti utile il CD Audio “I Segreti dell’Apprendimento Creativo”

4) Associa piacere nel fare le cose che “deve” fare. Se non fa i compiti è perché nel suo modo di organizzarsi il mondo è più piacevole fare altro. Come sarebbe se riuscissi a rendere piacevole anche l’apprendimento e lo studio?

5) Dedica tempo al suo apprendimento ed alla sua crescita. Quando lavoro con i miei clienti per il personal coaching uno dei miei motti è sempre “Dove metti la tua attenzione ottieni i tuoi risultati”. E’ un principio anche banale ma che vale sempre la pena ricordare. Ricorda che comunichi anche quando non parli. Se dedichi tempo di qualità ai tuoi bambini otterrai degli enormi risultati. Il che significa anche documentarti, studiare, imparare come “funzionano” e come “imparano” i bambini….

E ci sarebbe anche l’accorgimento numero 7, numero 8, numero 9, etc… ma non voglio dilungarmi troppo.

Non è “facile” applicarli quotidianamente…. ma ne vale comunque la pena.

Concludo con un aneddoto ......

Palestra di una scuola americana. 

Tutti gli studenti ordinatamente seduti sulle loro sedie rivolti verso un palco.

Sul fondo del piccolo palco siedono i professori che ascoltano il preside mentre li presenta.

E' il primo giorno di scuola e un nuovo professore, chiede di poter parlare con gli studenti per presentarsi.

Michael D'Angelo è giovane, ha circa 30 anni è un bel ragazzo ed ha studiato proprio in quella scuola con il professore che è chiamato a sostituire: uno dei migliori mai avuti in quella struttura.

Si presenta, fa qualche battuta per rompere il ghiaccio e per attirare l'attenzione degli studenti sul suo discorso. Gli studenti ora sono in mano sua.

Inizia il suo discorso:

"L'istruzione è un viaggio da eroi ragazzi e a me sembra che andare a scuola assomigli molto ad un film di Guerre Stellari.

Siete tutti dei Luke Skywalker, o delle Lucy Skywalker a seconda dei casi e la scuola è solo uno dei posti dover riceverete il vostro addestramento Jedi.

Perchè dobbiamo prepararci a combattere contro l'impero del male!

Ora, l'impero del male non è la scuola, né i genitori, nè i prodotti a base di carne della mensa, no, vedete, l'impero del male è una convinzione: quella di credere di essere limitati; non è così!

Che ve ne rendiate conto o no, ognuno di voi è perfetto.

Norman Warner è stato il mio maestro Jedi e la lezione più importante che mi abbia insegnato è che ero io l'insegnante di me stesso, che ero io il mio stesso maestro e la lezione che spero di insegnare a voi è di non preoccuparvi di quello che fate, perchè non ha importanza. Preoccupatevi di ciò che siete! Fatelo e non esisterà niente che possa impedirvi di andare fuori nel mondo e prenderlo a calci nel culo!

Questa (prende una matita) è la vostra spada laser. Applicatela ad un semplice pezzo di carta, aggiungete cuore e coraggio e potremo rendere il mondo un posto migliore.

Lasciatemi fare questo viaggio con voi. Grazie."

Ovazione degli studenti

Buone ferie a tutti.

Per approfondire:

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Anteprima - PNL con i Bambini - Guida per Genitori - Libro di Eric de la Parra Paz

Quando un essere umano diventa genitore, una cosa è chiara: non potrà essere mai più la persona di prima. E diventato guida, consigliere, amico, addestratore, compagno, medico, e molte altre cose ancora nei confronti di un altro essere che chiama suo "figlio". Ma sorge una domanda: è pronto per questo compito? Le formule che conosce per trionfare nella vita sono state efficaci? Ricorda che cosa significa essere bambini? E qui che cominciano i problemi... I bambini, nascendo, non arrivano con un manuale di istruzioni, sono qualcosa di più grande di qualunque cosa conosciuta sul nostro pianeta, e quindi occorre una conoscenza precisa dell'identità e dell'essenza dell'essere umano per relazionarci con loro.

Sappiamo davvero che cosa vuol dire essere un bambino? Osserviamo da vicino questa qualità: essere bambini significa credere nell'amore puro, nella bellezza al di là della forma, nelle storie; significa essere così piccoli che fate e folletti possono avvicinarsi e sussurrarci qualcosa all'orecchio; significa trasformare le zucche in carrozze, i topi in destrieri, le meschinità in cose sublimi, un niente nel tutto. Ogni bambino ha dentro l'anima la sua fata madrina che lo guida nel mondo dell'immaginazione, alla scoperta di forme di vita migliori per lo spirito umano perché si basano sulla naturalezza, sulla semplicità, sulla fratellanza e sull'amore. I bambini vivono nell'idea che è questo è un mondo di speranza. Quando un bambino nasce incarna le qualità più elevate della vita, esattamente come una pietra, una pianta e un animale.

Ricordate il detto: Dio dorme nel minerale, cresce nel vegetale, si muove nell'animale, pensa nell'uomo e ama nell'angelo.

Il bambino, nel suo contesto unico, possiede la prima e ultima libertà: arrivare a essere o a non essere.

Tocca a lui scegliere tra il mondo dei vivi o il mondo dei morti viventi; e, anche se possiamo non crederci, è solo questione di scelta. Perché la sua scelta sia quella giusta, il bambino ha bisogno di un premuroso e profondo aiuto da parte dei genitori, degli insegnanti e delle persone che gli sono vicine.

Erich Fromm diceva giustamente che "il tragico destino degli uomini è morire prima ancora di essere nati".Vivere così è il peggiore tradimento nei confronti della vita.

In più occasioni mi è capitato di parlare di un fatto che tutti abbiamo sperimentato nella scuola, ovvero che molti insegnanti ci insegnano delle formule per trionfare nella vita che loro non hanno messo in pratica, poiché, purtroppo, conducono spesso una vita priva di colore e con una visione non molto elevata. Lo stesso accade con i genitori, molti dei quali esigono dai figli comportamenti e atteggiamenti che non hanno mai vissuto né messo in atto.

Questo è precisamente l'obiettivo di questo libro: fornire a chi è diventato genitore una guida che lo aiuti nel compito di enorme responsabilità di educare un essere umano che ha in sé la speranza di piantare nel suo mondo i semi che favoriscano l'evoluzione di un uomo nuovo. Il primo dovere di un genitore o di un educatore è conoscere quel piccolo essere che comincia una nuova vita, aiutarlo a crescere nel massimo rispetto, permettergli di manifestare le sue potenzialità senza soffocarle, senza tradire i motivi per cui è stato messo al mondo.

Chi viene al mondo perde, per il fatto stesso della recisione del cordone ombelicale, il contatto fisiologico con la madre. Ma esiste un altro cordone ombelicale che gli adulti devono evitare di tagliarla qualunque costo e sotto nessun pretesto: la fondamentale parentela con la totalità dell'universo, con tutte le altre espressioni della vita, anche se non sono umane. Chi conserva questo secondo cordone ombelicale per tutta la vita, si nutre di quel meraviglioso quid che lo fa sentire partecipe dell'armonia cosmica e gli consente di sintonizzare il proprio ritmo vitale sul ritmo e sull'armonia della totalità della vita.

Se conserva questo contatto non sarà mai solo, e occorre evitare che i suoi educatori recidano questo secondo cordone con le loro idee, i loro atteggiamenti, convinzioni, valori e modi di vivere. Con il taglio del cordone ombelicale fisico, il bambino viene separato dalla sicurezza materiale, dal paradiso che lo unisce alla madre. Con la recisione del cordone ombelicale spirituale, per chiamarlo così, che lo unisce all'Universo e oltre, l'uomo perde quell'intima respirazione che lo rende libero dall'infelicità, dall'oscurità interiore, dalla solitudine, dalla limitazione e dalla sterilità spirituale.

Sui templi della Grecia antica era incisa la frase: "Uomo, conosci te stesso", perché in questo modo conosciamo anche il mondo e l'Universo. Questo libro si basa su questo principio, della cui verità siamo convinti. Per educare e aiutare i figli nel cammino della vita è importante conoscere prima di tutto noi stessi; solo così potremo aiutare i nostri figli a vivere. L'umanità odierna cammina tranquillamente e inconsciamente verso l'abisso, in cui rischia di precipitare in qualunque momento trascinando con sé i propri figli. L'unica possibilità per evitarlo è fermarsi, radicarsi in un livello più elevato di energia attraverso una lucida consapevolezza, e riflettere umilmente su alcune verità.

L'uomo potrebbe incominciare questo percorso a ritroso, questo ritorno a una vita di saggezza, riconoscendo alcuni errori di base troppo importanti per continuare a ignorarli, creando di nuovo un giusto rapporto con i piccoli e innocenti rappresentanti della nostra specie (i bambini), e riallacciando il dialogo con la vita che ha interrotto da tanto tempo. E interessante come gli adulti si diano continuamente da fare per migliorare il rendimento dei cavalli da corsa allo scopo guadagnare più denaro, creare incroci o modificazioni genetiche per ottenere piante e frutti migliori, più ambiti dal mercato, ma non cerchino di trovare il modo per far evolvere la specie umana.


Non possiamo assolutamente aspettare ancora per dedicarci al compito di creare un nuovo essere umano fin dalla sua più tenera età, perché c'è una risorsa molto difficile da recuperare se la perdiamo: il tempo. Oggi i bambini sono disposti a vivere e a imparare; domani potrebbe essere troppo tardi anche per la speranza che i figli portano con sé: creare un mondo migliore.