domenica 6 luglio 2014

Autostima nei bambini e nell'adulto

Autostima nei bambini e nell'adulto


 L’autostima è semplicemente una stima, una valutazione, o se vogliamo la risposta alla domanda: ”Cosa penso di me?”. 
L’autostima è la percezione che hai del tuo valore personale e delle tue  qualità. Situata al centro di ciò che sei, essa  ha un ruolo chiave nel raggiungimento della felicità in quanto direttamente collegata alle tue emozioni e ai tuoi pensieri. I modi in cui la bassa fiducia in se stessi può manifestarsi nella tua vita sono molteplici, tra cui:

      Sfiducia nelle proprie capacità
      Eccessiva ricerca di approvazione
      Sensazione di non meritare successo
      Vittimismo
      Senso di inferiorità

La bassa autostima è come guidare nella vita con il piede sul freno.

Se ci valorizziamo la nostra autostima sarà alta altrimenti sperimenteremo quella che viene chiamata bassa autostima.
la stima di sé ha origine nel confronto tra l'immagine che ciascuno ha di se stesso e l'immagine di ciò che si vorrebbe essere. 
In questo senso, tanto più il "come siamo" è lontano da il “come vorremmo essere” tanto più ci si sente come persone di minor valore e si prova insoddisfazione nei propri confronti. 

Chi sperimenta bassa autostima non sentendosi sufficientemente sicuro del proprio valore e delle proprie qualità, evita di scegliere e agire per un eccessivo timore di sbagliare, sperimenta maggior incertezza e difficoltà a staccare dalla situazione problematica per cercare una soluzione e quando vive un insuccesso soffre maggiormente, associando l’accaduto esclusivamente ad una sua mancanza mentre quando sperimenta un successo tende a svalutarlo, sminuirlo.
La base da cui partire è quella di considerare che una bassa autostima non è una condizione permanente; ci sono dei momenti e dei periodi particolari in cui la nostra autostima è bassa e altri no. Non è una condizione permanente.
Chi sperimenta bassa autostima infatti vive la sensazione di perdere il controllo dei propri stati d’animo sentendosi spesso mancare le forze e la determinazione per raggiungere i propri obiettivi. 

Fino qui il problema e le soluzioni?

La buona notizia è che il nostro livello di autostima non è scritto nei nostri geni. Non puoi scegliere di che colore sono i tuoi occhi o i tuoi capelli, ma puoi sempre imparare a rispettarti maggiormente, a riconoscere i tuoi limiti e ad apprezzare i tuoi pregi.
Vi indico alcuni passi per migliorare la vostra vita:
Cura il tuo aspetto Ho sempre preferito l’essenza all'apparenza, ma curare se stessi, il proprio aspetto fisico ed il modo in cui ci vestiamo può avere un importante impatto sulla nostra autostima. A volte, quando ci sentiamo giù di corda e fuori forma, un po’ di attività sportiva, una bella doccia ed il nostro capo di vestiario preferito sono un toccasana per aumentare la fiducia in noi stessi.
Ripensa il modo in cui ti pensi Curare il proprio aspetto, non solo ci fa sentire meglio, ma ci aiuta a creare una nuova immagine di noi stessi. Gran parte del nostro livello di autostima è legato all'immagine che proiettiamo di noi stessi nella nostra mente. Non sempre questa immagine è reale e spesso tendiamo a dare maggior peso ai nostri difetti piuttosto che ai nostri pregi. Questa immagine non è scolpita nella pietra: modificala come se avessi a disposizione uno di quei programmi di ritocco digitale. Non si tratta di mentire a se stessi, ma al contrario di equilibrare i nostri pregi e difetti.
Impara a definire i tuoi obiettivi. 
Un’altra importante componente della nostra autostima è legata agli obiettivi che riusciamo a centrare. In alcuni periodi la nostra vita sembra costellata da continui fallimenti; le cause possono essere molteplici: la dannata sfortuna (molto meno di quanto crediamo), la nostra mancanza di auto-disciplina (spesso, ma non sempre), gli inevitabili ostacoli che non avevamo preventivato. Eppure, spesso non riusciamo a centrare i nostri obiettivi a causa di come li definiamo. Obiettivi migliori possono condurci a risultati migliori e di conseguenza ad una maggiore autostima.
Scrivi un diario personale.  Il più delle volte ricordiamo benissimo i nostri fallimenti e tendiamo a dimenticare i nostri successi; per questo motivo un diario personale, in cui raccogliere quotidianamente i nostri pensieri e le nostre esperienze (positive e negative), può aiutarci ad avere un’immagine più oggettiva dei risultati che abbiamo raggiunto nel passato. Conoscere te stesso, quello che hai già affrontato ed il modo in cui ne sei uscito, può essere una spinta fondamentale per aumentare la fiducia in te stesso.
Oltre al diario prendi un notes e da oggi, per una settimana, trascrivi, quando ti è possibile,  tutti i giudizi e le critiche sugli altri e su te stesso che fai - anche solo mentalmente - durante la giornata. Scrivi e chiudi subito il notes senza rileggere. Al settimo giorno aprilo e osserva la tua "produzione". Ti accorgerai di quanto il tuo pensiero sia inquinato da giudizi continui che t'impediscono una visione diretta della realtà e di quante critiche ti fai che coincidono con quelle che ricevi.
Nella settimana successiva raccogli e trascrivi, con lo stesso metodo, le critiche che ti vengono fatte da altri, in ogni ambito, e al settimo giorno rileggile e "contemplale". Ti accorgerai che non sono di più di quelle che hai pensato tu stesso e che riguardano aspetti del tuo carattere e della tua vita che tu stesso senti problematici e irrisolti.
Ciò non vuol dire che siano critiche giuste, ma ti segnalano anzi che ti colpiscono solo perché ti ci riconosci. Quando infatti riguardano ciò su cui ti senti sicuro, non ci fai neanche caso.
Ora prendi sia i fogli con le tue critiche, sia quelli con le critiche degli altri e strappali diverse volte. Distendi i pezzi sul tavolo e mescolali con le mani in modo da costruire un unico gigantesco foglio-puzzle. Lì sono raccolti tutti i pensieri che impediscono a te e agli altri di entrare in relazione in senso vero, lì c'è tutto il superfluo della mente che appesantisce le tue azioni e la tua autostima. Prendi tutti i pezzi di carta, fanne un'unica palla e, in un luogo sicuro, bruciala. Osserva come ritorna a essere fumo ciò che era già fumo in partenza, nella mente nostra e altrui, ma a cui si dava invece un valore assoluto.
Quando la carta ha cessato di bruciare, mettiti comodo dove tu vuoi e lascia che i pensieri che ti si presentano spontaneamente possano fluire liberamente, qualsiasi essi siano, se ci sono. Potrebbe venirti voglia di riposare, o di guardare dalla finestra, o di piangere, di ridere, di chiamare amichevolmente uno dei tuoi "critici"o altro ancora. Non opporti a niente.
Parla lentamente. 
Non smetterò mai di sorprendermi di come il nostro corpo e la nostra gestualità influenzino la nostra mente e viceversa. Un famoso detto americano dice “fake it till you make it” (fai finta, finchè non ci riuscirai): questo significa che ancor prima di avere un’elevata autostima dovresti fingere di comportarti come qualcuno molto confidente. Qualche esempio pratico? Prova a parlare lentamente: chi parla in modo fermo e pacato dimostra di avere piena padronanza dell’argomento e di non doversi precipitare per esprimere la propria opinione.

Smetti di paragonarti agli altri.
Quella di paragonare se stessi o la propria vita a quella degli altri è una cattiva abitudine di cui sono succubi le persone con una scarsa opinione di sè. Tale abitudine spesso è iniziata nell’infanzia, praticando uno sport agonistico, o magari è stata stimolata da qualche genitore iper-esigente che ti paragonava al perfettino figlio dei vicini. Paragonarsi o confrontarsi agli altri significa dare dei giudizi spesso negativi su se stessi o sulle altre persone, finendo col sentirsi inadeguati o pieni di sentimenti rancorosi.
Ma come fare per smettere questo comportamento o almeno usarlo nel modo migliore?
Comincia a realizzare che ci sono 7 miliardi di persone su questo pianeta è solo uno sei tu.
Non c’è nessuno che può competere con te per essere te stesso. La tua unicità su questo mondo può fare la differenza.
Bandiamo il pessimismo. Migliora la resilienza.
Spesso le persone con scarsa autostima hanno tendenze al pessimismo. Alcuni esempi di messaggi negativi che si mandano e si ripetono continuamente  sono: “sono un fallito”, “non otterrò mai niente”, “sono un imbranato”, ecc.
Questi pensieri possono essersi presentati talmente tante volte nella tua mente che neanche ti accorgi di essi. Per intervenire sui pensieri dannosi e imparare a gestirli al meglio puoi utilizzare  il modello ABCDE di Martin Seligman
Cambia cornice alle tue convinzioni limitanti.
Come hai potuto notare nel punto 2 le persone con scarsa fiducia in se stesse spesso possiedono convinzioni limitanti come “non sono bravo abbastanza”, “sono un fallito”, ecc.  Oltre al modello ABCDE,  puoi intervenire sulle convinzioni limitanti, attraverso il reframing, i cambiamento delle “cornici mentali”
Le cornici sono delle lenti psicologiche attraverso le quali osserviamo il mondo che servono come filtro per interpretare la realtà. Queste cornici possono quindi essere limitanti e focalizzate su aspetti negativi o potenzianti focalizzandosi sui lati positivi. Per cambiare cornice e sconfiggere le tue convinzioni limitanti leggi qui.
Scopri i tuoi valori.
Una sana autostima è inseparabile dai tuoi valori e dalla tua integrità. I valori sono un set di regole e principi morali che insieme alle convinzioni guida la tua vita, definendo ciò che è giusto da ciò che non lo è. Ogni persona possiede un set di valori unico che si differenzia da quello delle altre persone. Essere consapevoli dei propri valori ti aiuterà a prendere le decisioni migliori e ad essere più focalizzato su ciò che vuoi raggiungere nella vita. Per scoprire i tuoi valori ti consiglio di leggere l’articolo scopri i tuoi valori.
Coltiva hobbies e interessi.
È molto importante coltivare hobbies, interessi e praticare delle attività che ti facciano sentire bene come leggere dei libri che possano ispirarti o farti riflettere, guardare dei film che possano farti ridere. Un altro modo per creare input positivi è creare delle sfide personali come imparare una lingua, imparare a suonare uno strumento, lavorare per migliorare qualche area della tua vita
Circondati di persone che ti amano.
Le persone che ti circondano hanno un  forte impatto sulla tua vita. Quindi circondati di persone che ti apprezzino e che ti accettino per quello che sei. Ovviamente la cosa deve essere reciproca, anche tu devi rispettare le persone che ti circondano per come sono. Quindi se frequenti delle persone che non ti rispettano, non ti stimano o ti fanno sentire male con te stesso ti consiglio di vederle con minore frequenza.
Fa una lista delle tue qualità.
Fai una lista di tutti i tuoi aspetti positivi incluse capacità, esperienze, talenti, virtù e qualsiasi altra qualità che possa farti sentire bene con te stesso. Per farlo prova a rispondere alle seguenti domande:

Cosa mi piace di me stesso?
Quali caratteristiche positive possiedo?
Quali risultati ho ottenuto?
Quali sfide ho superato?
Quali competenze o talenti possiedo?
Cosa apprezzano gli altri di me?
Quali caratteristiche mi piacciono delle altre persone che ho in comune con loro?
Se qualcuno avesse le mie stesse caratteristiche cosa mi piacerebbe di questa persona?
Inoltre, per focalizzarti sulle tue caratteristiche positive puoi trovare utile l’esercizio di cui ho parlato nell’articolo sulla fiducia in se stessi.

Sii altruista.
Far sentire bene le altre persone è uno dei modi più belli ed efficaci che esistono per far sentire bene anche se stessi.
Aiutare gli altri  contribuisce  a mettere le cose in prospettiva. In particolar modo quando si tratta di persone meno fortunate di te, può aiutarti a realizzare quanto tu sia  privilegiato .
La York University qualche anno fa ha pubblicato uno studio in cui ai partecipanti era chiesto di comportarsi con gentilezza e disponibilità verso un’altra persona per qualche minuto al giorno. Dopo 6 mesi, i partecipanti riportarono un maggior livello di autostima e di felicità rispetto al gruppo di controllo.
Basta qualche piccolo gesto quotidiano come ringraziare, fare un complimento sincero, dare conforto a chi ha avuto una giornata pesante o dare una mano a chi sta portando qualcosa di pesante. Queste piccole azioni non costano nulla e possono davvero far la differenza per te e per gli altri.
Avere uno scopo nella vita.
Uno dei modi migliori per aumentare la stima e la fiducia in se stessi è quello di avere chiaro in mente perché sei sulla terra e qual è il tuo scopo nella vita. Avere chiaro uno scopo può metterti nella giusta condizione per inseguire i tuoi sogni e realizzare i tuoi obiettivi, è una potente forza che ti guiderà nel modo di comportarti con gli altri e determinerà il tuo contributo nel mondo.
Prendi carta e penna e scopri il tuo scopo nella vita:
Scrivi almeno due qualità che ti rendano unico. Per esempio gentilezza e generosità.
Ora elenca un paio di modo in cui tu possa esprimere queste qualità quando interagirai con le altre persone. Per esempio insegnare ai bambini.
Immagina il mondo come un posto perfetto, cosa ti piacerebbe vedere in questo mondo perfetto? Per esempio: mi piacerebbe che tutti avessero fiducia nelle proprie capacità e nel raggiungere i propri obiettivi e fossero gentili gli uni con gli altri.
Ora combina i 3 passi precedenti per creare una dichiarazione sul tuo scopo. Per esempio: il mio scopo nella vita è di usare generosità e gentilezza per insegnare ai bambini ad avere fiducia in se stessi e a raggiungere i loro obiettivi essendo gentili gli uni con gli altri.
A tal scopo il brano Scopri il tuo potere contiene uno dei processi più sofisticati e profondi per individuare il proprio scopo nella vita
Ricorda i successi e impara dai fallimenti. Sbagliando si impara.
La paura di sbagliare è spesso presente nelle persone che hanno una bassa opinione di sè ed è collegata alla paura del giudizio delle altre persone. Tutti sbagliamo o abbiamo fatto errori nella vita quindi accetta qualche fallimento e vedilo come un’opportunità di apprendimento. Infine, ricorda a te stesso che fallire non significa essere un fallimento e che ognuno eccelle in qualcosa di diverso.
Tu, come qualsiasi persona dell’universo, meriti il tuo amore e affetto. Buddha 

Oltre a tutto ciò ricorda di:

1 – Vivere consapevolmente

La pratica di vivere in modo consapevole è il primo pilastro dell’autostima.  Vivere consapevolmente significa cercare di essere consapevole di ogni cosa che riguarda le tue azioni, scopo, valori e obiettivi Se non possiedi un appropriato livello di consapevolezza nelle tue attività ciò comporterà un minor senso di autoefficacia e di stima di te.


2 – Praticare l’auto-accettazione

È importante accettare tutte le parti di sé  anche quelle “rinnegate” in quanto  i primi passi verso la  guarigione  e  la crescita avvengono attraverso l’accettazione e l’ integrazione di questa. Auto accettarsi significa  rifiutarsi di vivere  un rapporto conflittuale con se stessi.

3 – Essere auto-responsabili

Questo pilastro consiste nel rispondere alle sfide della vita non come vittime  ma come individui  che assumono il controllo e la responsabilità della propria  condizione  per cambiarla.

4 – Essere assertivi.

Saper comunicare in modo assertivo è un’abilità chiave in chi possiede una buona autostima.   Per scoprire come aumentare la tua assertività clicca qui.

5 - Vivere con uno scopo nella vita

Seguire una propria visione e scopo finale nella vita è il 4 punto per una buona autostima.

6 – Praticare l’integrità personale

L’Ultimo punto consiste nel vivere in modo coerente con i propri valori e le proprie convinzioni.

Quindi ... se l'autostima si forma dall'infanzia come dobbiamo comportarci con i bambini?
Aiutato dai genitori, dunque, un bambino può crescere sano e forte non solo nel fisico ma anche nello spirito. Ma come possono i genitori aiutarlo a crescere consapevole di se e del proprio valore?

Le 7 regole per coltivare l'autostima di tuo figlio

Dargli obiettivi realistici

Per evitare che si scoraggi, se l’obiettivo è impegnativo si può aiutare il bambino a tagliare il traguardo attraverso alcune tappe. Se, ad esempio, ha 4 in matematica, è irrealistico pretendere un 8 a breve termine. È invece più facile che riesca ad arrivare al 5 la volta successiva, al 6 quella dopo ancora e al 7 alla terza prova per raggiungere l’8 alla quarta.

“Ancorarlo” nei suoi successi

Per rafforzare la memoria dei successi (quali che siano: anche un goal alla partita all’oratorio) può essere utile creare un “calendario dei successi”, sul quale annotarne uno ogni settimana perché sia immediatamente visibile.

Criticarlo, ma in modo costruttivo

Se rompe un piatto apparecchiando, non bisogna aggredirlo immediatamente. Invece, è meglio prima complimentarsi per aver assolto al suo compito, e poi dirgli che “però sarebbe stato meglio se il piatto fosse stato ancora intero”. In generale, funziona molto bene la “regola del sandwich”: un complimento, una critica, un complimento (“Grazie per avermi aiutato, ma non hai ancora sistemato camera tua. Ah, dimenticavo: ancora bravo per l’8 in italiano”).

Credere in lui

Basta una frase: “Ho fiducia in te, ce la farai”. Sembra una banalità, ma il fatto di sapere che qualcuno crede il lui, per il bambino è fondamentale, e lo aiuta ad aver fiducia nelle proprie capacità per affrontare senza paura anche situazioni nuove. Una fiducia che si può rafforzare anche affidandogli qualche responsabilità in casa (adeguata alla sua età, ma senza mettere l’asticella troppo in basso: il “ti piace vincere facile” fa danni).

Sostenerlo

Quando lo scoramento prende il sopravvento a causa di una caduta nella strada verso il traguardo, bisogna aiutare il bambino a rialzarsi. Facendogli capire che nella vita un fallimento può sempre capitare, ma che alla lunga gli sforzi vengono comunque ricompensati.

Fare il tifo per lui

Il rafforzamento positivo nei confronti del bambino si ottiene anche con piccole cose: “Simpatica la tua maglietta”, “Bella questa pettinatura”, “Il tuo zaino è molto più ordinato di una volta”… Però bisogna evitare di fare l’errore di sovrastimare le sue capacità: dirgli in continuazione “sei un genio”, per esempio, rischia di essere controproducente. Perché, alla prova dei fatti, potrebbe accorgersi di non essere veramente a un livello molto più alto di compagni e amici. E cadere dall’alto di un piedistallo fa più male.

Fargli coltivare i suoi talenti

La buona riuscita a scuola non sempre va di pari passo con le capacità di ciascuno: Einstein (giudicato uno studente mediocre dai suoi professori) ne è l’esempio. Quindi, per preparare un bambino alla vita, è bene fargli coltivare i suoi talenti e le sue passioni, senza pregiudizi: preferite che vostro figlio diventi un ottimo cuoco o un pessimo medico?

(Fonte: articolo pubblicato sul settimanale francese “articolo pubblicato su Avantages)

Coltiva la memoria del successo

Secondo lo psicologo e pedagogo francese Bruno Hourst, in un articolo pubblicato sul proprio sito, per aiutare i propri figli a diventare degli adulti sicuri di se e del proprio valore bisogna coltivare la “memoria dei successi”: se un bambino si rifiuta di fare qualcosa perché non è certo di riuscire, non saprà mai davvero se invece sarebbe stato in grado di svolgere quel compito.
“Il rifiuto – spiega Hourst – si basa generalmente sulla “memoria dei fallimenti” a cui è andato incontro in passato: il bambino, così come l’adulto, non riesce a immaginare di essere in grado di fare qualcosa perché non si ricorda di essere mai riuscito a fare qualcosa si analogo”.
Ecco allora che bisogna aiutarlo a ricordare i suoi successi, anche i più piccoli, anche quelli che sembrano insignificanti: un bel voto in un compito in classe, per esempio, oppure il fatto di essere riuscito a declamare una poesia davanti a 20 persone, o ancora l’aver imparato ad andare in bicicletta senza rotelle.
Piccole vittorie, senza dubbio, che però possono spingere il bambino a raggiungere traguardi più ambiziosi grazie alla “memoria del successo”.
L’errore comune, rimarca invece il pedagogo, è quello, commesso da molti genitori e insegnanti, “di rimarcare più spesso l’errore rispetto alla buona riuscita, instillando l’idea che il successo è “normale” mentre lo sbaglio è “anormale”. Per di più sostenendo l’idea moralizzatrice che non è bello vantarsi e che bisogna sviluppare la modestia nei bambini. Invece il rifiuto di riconoscere i successi non aiuta né a crescere né a far radicare la fiducia in sé e l’autostima del piccolo”.
Con il rischio, una volta adulto, di sviluppare quella che gli psicologi chiamano “la sindrome dell’impostore”: tutti i propri fallimenti diventano normali, tutti i successi altrui anormali (poiché vengono imputati alla fortuna, all’azzardo, a un intervento esterno…).
Quindi, condensando, la prima regola per Hourst è quella di “ricordare al bambino i successi passati, che diventano il fondamento per quelli futuri”.

Combatti il senso di invisibilità

La “memoria del successo” è importante anche per sconfiggere il senso d’invisibilità che, se è drammatico già per un adulto (basta pensare agli effetti del mobbing), per un bambino è assolutamente devastante.
“In certe occasioni – spiega Hourst – siamo sicuri che potremmo partecipare o apportare il nostro contributo. Ma non esistiamo, nessuno si interessa a quello che potremmo dire, pensare, sentire o fare. È un sentimento comune a molti bambini, a casa o a scuola, allorché pensano (a torto o a ragione) di “non esistere”, di essere “invisibili” per i familiari e gli insegnanti.
In questi momenti è importante aiutarli, con mezzi positivi, a rendersi di nuovo “visibili” a se stessi e agli altri, perché questa “visibilità” psicologica è importante per sviluppare l’autostima e per prevenire comportamenti disturbati o distruttivi, come l’autoesclusione da un gruppo, la violenza su se stessi, sugli altri e sulle cose o l’adesione a gruppi di “cattivi ragazzi” in cerca di visibilità”.
Anche in questo caso, secondo il pedagogo, è utile la “memoria dei successi”: discutendone, si aiuta il bambino a tornare visibile. Ed è utile farlo in forma visibile, magari creando un “calendario dei successi”, o una “scatola dei successi”, che contengano l’indicazione di tutti i traguardi raggiunti.

Buona autostima a tutti.

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domenica 22 giugno 2014

Metodologia dello studio, La lettura, Fasi della lettura, Cosa leggere, Come leggere


Metodologia dello studio


La metodologia di studio risulta essere tanto importante quanto lo è la
conoscenza quantitativa-qualitativa della disciplina stessa e lo stile di
apprendimento dei saperi e delle informazioni che ne scaturiscono.
Al fine che i vari apprendimenti siano assimilati ed interiorizzati nella
maniera più funzionale possibile occorre “descrivere i passi di questa
metodologia che, molte volte, viene lasciata al caso o al libero arbitrio dello
studente, così da renderlo orfano di una corretta procedura. Si ha, perciò,
l’obbligo di determinare un valido sostegno sia a chi nello studio vede la
propria formazione curricolare, sia a chi non si ritiene dispensato dalla
ricerca solo perché al di fuori di centri formali di formazione”
(De Santis M., a cura di, Fare ricerca. Per la redazione del testo scientifico,
Anicia, Roma 2006)
Per le ragioni appena esposte bisogna dotare lo studente di criteri che
permettono di organizzare e strutturare, nella maniera più funzionale ed
efficace possibile, il lavoro di lettura, di ascolto, di produzione letteraria e
rispondere in modo pertinente alle continue sollecitazioni che provengono
dall’ambiente circostante, senza perdite di tempo, disorientamento o
scoraggiamenti di vario genere.
La comprensione di un programma adeguato alle esigenze formative
universitarie, e non solo, viene di seguito discussa, così come dovrebbe
essere per qualunque ricercatore e qualunque piano di studio.
Con questo non si vuol intendere che lo studio sia un processo
standardizzato e/o privo di quella singolarità soggettiva più volte rimarcata e
rintracciata nel percorso creativo, piuttosto è doveroso sapere che
nell’elaborazione di un giusto piano di lavoro esistono e sussistono alcuni
elementi ed alcune fasi che devono sempre essere presenti, mai trascurate
Il pressapochismo, il dolce far niente, la stagnazione e la superficialità, che
avvolgono la nostra società, “risultano elementi da combattere tramite un
supporto che nella programmazione e nella metodologia di studio trova le
sue radici. È fuori di ogni dubbio che porsi con umiltà davanti a tali problemi
sia l’unica via capace di guidare la persona dal noto al non conosciuto (…).
Per fare ricerca, quindi, è necessario apprendere oltre che la specificità e i
tratti peculiari di ogni settore, aprirsi al confronto, con il gusto della
documentazione e la volontà di crescere in intelligenza, cultura e emotività.
Uno studio serio pretende requisiti essenziali da parte di ogni studente, il
quale potrebbe essere definito un piccolo ricercatore, capace di una propria
attività critica e di scelta; requisiti che si possono riassumere in una
conoscenza delle principali lingue straniere, del metodo di lavoro”
(De Santis M., a cura di, Fare ricerca. Per la redazione del testo scientifico,
Anicia, Roma 2006)


La lettura
Uno studio serio e responsabilmente scientifico che risponda, cioè, ai crismi
dell’oggettività ed dell’epistemologia investigativa appartenente ad ogni
area del sapere umano richiede uno sforzo di gran lunga maggiore rispetto
al semplice osservare, sfogliare un libro, scribacchiare in modo superficiale e
ascoltare in modo distratto.
Ogni studente dovrebbe essere “un piccolo ricercatore”, capace di una
“propria attività critica e di scelta; requisiti che si possono riassumere in una
conoscenza, anche se non approfondita, delle principali lingue straniere, una
conoscenza minuziosa del metodo di lavoro, una continua attenzione pronta
a rendere conto di una costante vigilanza epistemologica” (R. Mancini 2006)
Così l’epistemologia finisce per essere un discorso logico e razionale, uno
studio, insomma, di cui si evidenziano la tracciabilità scientifica e
l’oggettività prassica
Per ciò che concerne la lettura si può riferire il fatto che esistano due modi
per affrontare un testo:
- La prima riconducibile all’idea di Zwaan che si basa su una attenzione
particolare volta a ricercare informazioni (approccio afferente);
- La seconda appartenente al lavoro di Kintsch, che identifica una
modalità diametralmente opposta: si legge per il gusto di farlo
(approccio estetico).
Nella lettura afferente l’attenzione è focalizzata sull’astrazione, l’analisi e
l’organizzazione di ciò che dovrà essere preso e posseduto dal libro; mentre
nella lettura estetica il lettore si concentra su ciò che egli sta vivendo
durante la relazione con il testo.
Quest’ultima condizione e relazione io-libro, detta transazione, si instaura
ogni qual volta un soggetto si trova di fronte a qualsiasi testo al fine di
renderlo proprio e carpirne le sfumature emozionali
L’atto di lettura, però, “non consiste solo in una semplice trasformazione di
sillabe in suoni, ma in un processo piuttosto complesso di comprensioni di
significati”
(Bellerate B. A., Perzzolo M. J., Il lavoro scientifico in Scienze dell’Educazione,
La Scuola, Brescia 1989).
Per giungere a questa comprensione il lettore si serve di due tipi di
informazione:
• visiva: ciò che riceve attraverso gli occhi
• non visiva: ciò che il lettore stesso porta di sé al testo
Nell’interazione con l’opera scritta, infatti, lettori diversi traducono le varie
informazioni in modo dissimile: ogni soggetto attribuisce il proprio
significato ai vari simboli


Fasi della lettura
Esistono delle fasi specifiche nel processo di lettura, momenti che
rispondono alla domanda: come si legge?
- certamente il primo punto è avere il libro, testo, saggio etc. tra le
mani
- la seconda fase è rappresentata dalla Memorizzazione di elementi
quali: Titolo (fa comprendere, seppur sommariamente, l’argomento);
Sottotitolo (qualifica, solitamente, il livello o il metodo adottato
dall’Autore); Autore (risponde alla domanda chi è? Normalmente
questo è presente nella 4° di copertina); Casa editrice (può indicare
l’argomento e/o un determinato settore del sapere); Anno di
pubblicazione (colloca il lavoro in un contesto di appartenenza);
- terza fase è il Riflettere su: struttura del libro (indice: evidenzia gli
argomenti trattati dall’autore e del loro sviluppo diacronico e
sincronico); prefazione (da leggere, mette al corrente il lettore su:
per chi è stato scritto il libro, la sua necessità, il suo scopo e come
utilizzare il lavoro); introduzione (indica gli aspetti e le tematiche più
significative presenti all’interno del testo); capitoli (titoli e sottotitoli.
Eventuali richiami delle problematiche trattate assunte da altri
settori di ricerca. In questo caso si deve prestare attenzione anche al
carattere tipografico dei titoli); conclusione (autorizza, anche se
sommariamente e in maniera mai definitiva a fare il punto della
situazione sulle tematiche affrontate); appendice (rappresenta
l’aspetto tecnico e strumentale dei riferimenti presenti nel testo)
- nella quarta fase occorre Leggere: leggere le parti evidenziate nel
punto 3; sottolineare (lapis o evidenziatore); fare appunti su
quaderno o schede eseguite con strumentazioni tecnologiche (si
perde circa il 50% di quello che si è letto in pochi minuti).
- la quinta fase è rappresentata dall’azione di Riassumere: si elabora
un riassunto contenente le parti lette con l’aggiunta di
approfondimenti personali (di solito alla fine di ogni capitolo o
sezione, dipende dalla lunghezza dell’elaborato).
Ciò deve essere eseguito a voce e in forma scritta; si esegue una scheda
riassuntiva (alla fine del lavoro).


Cosa leggere
Non è superfluo soffermare la nostra attenzione nel rispondere alla
domanda: cosa leggere?
Ogni ricercatore, così come ogni studente, che si accinge alla stesura di tesi o
di qualsiasi altra tipologia di testo che si possa definire scientifico ha bisogno
di indicazioni epistemologiche ed un apparato bibliografico appropriato.
Al fine di individuare una prassi che risulti capace di dotare lo studente di
una conoscenza adeguata dell’argomento e/o tematica su cui si vuol
riflettere occorre una capacità di scelta e di selezione dei vari contributi che
nel corso del tempo si sono prodotti per e su quella determinata questione.
Non bisogna, insomma, prendere libri a caso o semplicemente dalla simpatia
data dal titolo o dall’autore, ma necessita di una profonda riflessione e
analisi anche la sola selezione di un testo piuttosto che un altro
Da quanto espresso, infatti, ne deriva la possibilità di eseguire un discorso
fluido e senza contraddizioni, capace, cioè, di apportare un contributo
significativo alla ricerca scientifica.
Cosa si legge allora?
Esistono diversi “testi” da poter leggere tra cui il testo scritto, l’ipertesto, i
documenti, le immagini, il dato della realtà, gli elementi virtuali.
La ricchezza dei vocabolari, la possibilità di usare parole diverse fanno sì che
il significato muti, permettono al buon lettore di leggere tra le righe per
cogliere l’inafferrabile, il messaggio sotteso.
Leggere comunque è anche ricordare i meccanismi di lettura (scorrere da
destra a sinistra, il riconoscimento delle singole lettere, tradurre i simboli in
significati etc.)
Bacone sintetizza la questione riguardante la lettura così: “certi libri vanno
assaggiati; altri inghiottiti; altri ancora, pochi, masticati e digeriti”
Il problema di cosa leggere solleva un’ulteriori problematiche.
Come accostarsi ad un testo? Quale metodologia adottare nella lettura?
Come comprendere quali strumenti dotarsi al fine di carpire i segreti di un
testo?
Ricordando la magistrale lezione baconiana, esistono tre modalità di
approccio ad un testo scientifico:
- Assaggiare: guardare sommariamente il tema trattato scegliendo e
selezionando i punti salienti;
- Inghiottire: sfiorare lievemente e rapidamente l’intero testo;
- Masticare e digerire: studiare ed approfondire il testo per intero,
accuratamente e con la massima attenzione
Ecco, allora, che risulta fondamentale una prima analisi ed un esame di un
testo per mezzo della metodologia derivante dal lavoro di Beach.
L’Autore definisce sette fasi:
- Coinvolgimento: risposta emotiva suscitata dal testo;
- Concettualizzazione: percezione del testo da parte del lettore
- Connessione: grado di relazione instaurato;
- Porsi domande: il testo generalmente suscita delle riflessioni
personali che magari possono essere trascritte a bordo pagina per
poter essere poi esaminate in separata sede;
- Spiegazione: commentare il testo
- Interpretazione: dare un punto di vista personale
- Valutazione: trarre le conclusioni della lettura
Al fine di decidere quale metodo sia opportuno adottare nella lettura è
doveroso “dare una occhiata a volo d’uccello sul bosco, prima di addentrarci
nel sottobosco” (D. Rowntree) e non adottare il metodo dello scorrere.


Come leggere:
- cercare il concetto essenziale;
- cogliere i particolari importanti;
- valutare quello che si legge;
- scoprire la gerarchia dei concetti, ossia il piano dell’autore;
non prendere appunti durante la lettura (risulta essere fonte di distrazione.
Occorre solo sottolineare o evidenziare; non sottolineare nella prima lettura,
qualora il testo sia da “masticare”)
È possibile, inoltre evidenziare dei difetti nella lettura:
- arco di riconoscimento limitato
- molte fissazioni
- regressioni frequenti
- vocalizzazione
- disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia,
disortografia)
Correzione dei difetti nella lettura:
- controllo difetti visivi
- smettere di leggere ad alta voce (anche il solo movimento delle
labbra comporta un rallentamento nella lettura e nella comprensione
di ciò che si legge)
- esercitare una lettura più veloce (non significa peggiore
comprensione)
- leggere a unità di pensiero e non parola per parola (significato della
frase, non della parola)
- cercare di aumentare l’arco di riconoscimento;
- consolidare il vocabolario (test)
- analisi del DSA
(fonte: M. De Santis, Fare ricerca, Anicia, Roma 2006)


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